Le batterie al litio dureranno ancora per molto

Da “La Repubblica” del 23.01.2020

Il chimico Michael Stanley Whittingham, direttore dell’istituto di scienze dei materiali alla Binghamton University, nel 2019 ha ricevuto il prestigioso premio insieme a John Goodenough e Akira Yoshino, per l’invenzione delle batterie agli ioni di litio. “La vera sfida è riciclarle, puntando sul nickel al posto del cobalto”

di Giuliano Aluffi

“Dobbiamo rendere più sostenibili le batterie: è una delle sfide più importanti”, ci spiega il chimico britannico naturalizzato statunitense Michael Stanley Whittingham, direttore dell’istituto di scienze dei materiali all’americana Binghamton University. “Diventerà sempre più importante riciclarle, così come riciclare i dispositivi elettronici che usiamo. Oggi solo circa il 10% dei cellulari vengono riciclati per recuperare i preziosi materiali che li compongono. Troppo poco”. Whittingham nel 2019 ha ricevuto il Nobel per la chimica, insieme a John Goodenough e Akira Yoshino, per l’invenzione delle batterie agli ioni di litio. E di queste batterie si parlerà ancora molto nel prossimo futuro.

Professor Whittingham, quali sono i trend del futuro per le batterie?
“Innanzitutto le batterie saranno sempre più importanti: non solo, ovviamente, per i veicoli elettrici. Ma anche per conservare le energie rinnovabili quando non c’è sole o vento. Nell’aprile di quest’anno, per la prima volta, negli Stati Uniti è stata generata più energia da fonti rinnovabili che da fonti fossili. È un buon segno. Riguardo alle tecnologie: penso che le batterie agli ioni di litio saranno ancora dominanti per i prossimi 5-10 anni. Al momento, e in prospettiva, non vedo nulla in grado di rimpiazzarle. E nell’ambito delle batterie al litio, vedo due trend: il primo è rimuovere il cobalto, rimpiazzarlo sempre di più con il nickel. Un altro trend dove si sta facendo molta ricerca sono le batterie a stato solido. Ma non credo che saranno pronte a livello commerciale per almeno 5-10 anni”.

Perché le batterie agli ioni di litio saranno difficili da rimpiazzare?

“Perché il costo continua a scendere, e quindi è difficile per qualsiasi altra batteria competere. E perché la densità energetica continua ad aumentare. Oggi anche per conservare l’energia di rete si vogliono le batterie agli ioni di litio e nient’altro. Le batterie agli ioni di litio sono prodotte a miliardi, e il costo di manifattura continua a scendere”.

Le batterie a stato solido sono una tecnologia ancora immatura?
“Ci sono ancora dei problemi tecnici da risolvere riguardo alle interfacce tra le diverse componenti: tendono a espandersi e contrarsi e interrompono il contatto con l’elettrolita. Quindi bisogna ancora risolvere quel problema. E non è chiaro come poterle produrre in modo da abbassare il costo per renderle competitive con le normali batterie agli ioni di litio. Insomma abbiamo ancora a che fare con difficoltà sia tecnologiche che industriali”.

Oggi vediamo le batterie agli ioni di litio impiegate nei veicoli elettrici. Saranno anche importanti in futuro per immagazzinare l’energia rinnovabile e usarla quando non c’è sole o vento?
“Già oggi il 90%-95% dell’energia rinnovabile che viene immessa nella rete elettrica è immagazzinata in batterie agli ioni di litio. Il modo per immagazzinare la massima quantità di energia sono le centrali idroelettriche di pompaggio, ma non se ne stanno costruendo di nuove. Mentre per le batterie c’è più fermento: ad esempio a sud di San Francisco Tesla sta costruendo la centrale di Moss Landing: è la più grande centrale energetica basata su batterie al litio, progettata per avere una capacità di 1,2 gigawatt/ora. Potrà reggere per 6 ore il fabbisogno energetico dell’intera San Francisco”.

Quali sono i limiti correnti delle batterie?
“I consumatori vogliono batterie ancora meno costose e che durino di più. E c’è in parte la questione della sicurezza. Che, ad esempio, rende prudente non tenere batterie agli ioni di litio di dimensioni medio-grandi in posti non raggiungibili dal camion dei pompieri. O nei piani più alti dei grattacieli. Le batterie a stato solido dovrebbero essere meno infiammabili, ma come dicevo è una tecnologia promettente ma ancora immatura”.

Le celle a idrogeno soppianteranno le batterie, un giorno?
“In realtà quella è una tecnologia che è sulla piazza da prima delle batterie al litio. Ma ci sono ancora dei problemi nei catalizzatori, che usano metalli nobili come il platino. Penso che ci sia molto interesse negli Stati Uniti nell’usare il fotovoltaico per generare idrogeno “pulito”, ovvero senza l’uso di energia fossile, e poi usarlo per grandi camion che percorrono lunghe distanze. Dovranno essere batterie grandi, perché le celle a combustibile funzionano meglio se lo sforzo è costante: non sono adatte alle accelerazioni, e non sono adatte a recuperare energia attraverso il “freno rigenerativo”. E per questo saranno adatte solo per mezzi molto grandi: se le si impiegasse per mezzi di minori dimensioni, non ci sarebbe più spazio per l’autista, i passeggeri o il carico”.

Vedremo un giorno aeroplani elettrici spinti da batterie al litio?
“C’è sicuramente interesse in piccoli aeroplani che si spostano per brevi distanze, ad esempio per unire la terraferma a isole che distano da 20 a 100 miglia. Ma è necessaria molta energia per il decollo, e questo è uno stress per le batterie. Sicuramente non vedo all’orizzonte aeroplani elettrici in grado di attraversare l’Atlantico o il Pacifico, perché le batterie sarebbero troppo pesanti”.

A quali batterie sta lavorando oggi?
“Alle batterie con alta quantità di nickel. Vogliamo, con il consorzio internazionale “Battery500”, estrarre da queste batterie la massima densità di energia. Perché oggi si perde dal 10% al 15%. E vogliamo anche eliminare quelle che vengono definite “reazioni collaterali”, che sottraggono energia alla batteria”.

Il vantaggio del nickel è che potete ridurre o eliminare il cobalto?
“Il nickel dà più capacità e maggiore energia, e aiuta a fare a meno del cobalto. Oggi siamo arrivati ad avere circa il 5% del cobalto, penso che possiamo arrivare fino all’1%. E questo ridurrà di molto il costo, perché il cobalto è la componente di gran lunga più costosa delle batterie”.

Quale sarà il futuro delle batterie nei prossimi 20 anni?
“Penso che se risolveremo i problemi relativi, vedremo batterie basate su litio e zolfo, e magari anche su sodio e zolfo. Ciò ridurrebbe i costi e permetterebbe di avere più energia rispetto al peso (ma non rispetto al volume). Ma lo zolfo pone molte sfide tecniche, quindi è difficile fare previsioni accurate”.

Come si possono rendere più sostenibili le batterie?
“Innanzitutto eliminando il cobalto. E poi dovremo riciclare tutte le batterie. Non solo buttarle in discarica, come si fa oggi. E penso che sarà importante fare in modo che ogni continente abbia una propria filiera completa di produzione di batterie, così da evitare l’invio di componenti attraverso il mondo. Consideri che oggi servono da 60 a 80 kilowatt/ora di energia per produrre un kilowatt/ora di potenza in una batteria. C’è una grossa impronta ambientale delle batterie dovuta all’estrazione dei minerali, al trasporto delle componenti”.

Ma sul pianeta c’è abbastanza litio per produrre tutte le batterie di cui avremo bisogno per i veicoli elettrici dei prossimi decenni?
“Credo di sì, almeno basandomi su tutti gli studi che ho visto. Innanzitutto perché entro i prossimi 20 anni, quando inizieremo a riciclare i veicoli elettrici, tanto litio verrà da lì. Il problema oggi è che la maggior parte del litio viene dal Sud America, dai grandi bacini di evaporazione. E sono necessari circa 24 mesi perché l’evaporazione abbia luogo. Quindi c’è un collo di bottiglia nel processo di manifattura. C’è oggi un rinnovato interesse nell’estrazione del litio dalle rocce. Ma anche lì bisognerà tenere conto dell’impatto ambientale”.

Detto ciò, esistono ETF che investono in aziende correlate con l’estrazione o la lavorazione del litio.
Trattandosi una singola materia prima, ancor più particolare e meno diffusa dell’oro, consiglio, a chi fosse interessato ad investirci qualcosa, di non superare comunque un 2,5% del proprio patrimonio.